Videosorveglianza e telecamere sul posto di lavoro: regole e normativa
Sempre più spesso capita che, per motivi di sicurezza, le aziende sentano la necessità di installare telecamere di sorveglianza che inquadrino determinate aree della struttura. Lo scopo è quello di mettere in essere un deterrente per poter prevenire furti, violazioni e intrusioni: in poche parole videosorveglianza per ragioni di sicurezza. Capita, poi, che in alcuni casi l’amministratore o il datore di lavoro ceda alla tentazione di sfruttare le telecamere sul posto di lavoro per controllare i propri dipendenti in segreto, magari per valutare la loro produttività lavorativa. Molti però non sanno che utilizzare le telecamere di sorveglianza per controllare il personale va contro la normativa vigente. Infatti, la Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) vieta all’art. 4 l’uso di impianti audiovisivi e altre apparecchiature atte al controllo a distanza del personale dipendente. E anche la normativa sulla privacy (D.Lgs n.196/2003) richiama in toto la disciplina posta dall’art. 4 dello Statuto.
Come può, quindi, un titolare installare un sistema di videosorveglianza nel totale rispetto della privacy dei propri lavoratori e senza rischiare di incorrere in accuse e sanzioni?
La procedura è piuttosto semplice e vale indubbiamente la pena seguirla passo dopo passo piuttosto che pentirsi di non averlo fatto dopo. Un’azienda che vuole installare telecamere di sorveglianza sul posto di lavoro, prima di mettere in funzione l’impianto, deve:
1. Informare i lavoratori interessati fornendo un’informativa privacy;
2. Nominare un responsabile alla gestione dei dati registrati;
3. Posizionare le telecamere nelle zone a rischio evitando di riprendere in maniera unidirezionale i lavoratori;
4. Affiggere dei cartelli visibili che informino i dipendenti ed eventuali clienti, ospiti o visitatori della presenza dell’impianto di videosorveglianza;
5. Conservare le immagini per un tempo massimo di 24-48 ore;
6. Formare il personale addetto alla videosorveglianza;
7. Predisporre le misure minime di sicurezza;
8. Predisporre misure idonee di sicurezza atte a garantire l’accesso alle immagini solo al personale autorizzato;
9. Nel caso in cui le videocamere riprendano uno o più dipendenti mentre lavorano (è escluso il caso in cui sono ripresi mentre entrano o escono dal luogo di lavoro) si deve procedere ad un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, con la DPL (Direzione Provinciale del Lavoro) e ottenere l’autorizzazione all’installazione dei dispositivi elettronici di controllo a distanza.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4331, ha ribadito che l’installazione di una telecamera sul posto di lavoro diretta verso il luogo in cui i propri dipendenti svolgono le proprie mansioni o su spazi dove essi hanno accesso anche sporadicamente deve essere preventivamente autorizzata dall’Ispettorato dal Lavoro o deve essere autorizzata da un particolare accordo con i sindacati. La mancanza di queste premesse, comporta la responsabilità penale del datore di lavoro. Le telecamere possono quindi essere montate e installate solo dopo la ricezione dell’autorizzazione: la presenza dell’impianto di videosorveglianza, per quanto spento, necessita di previa approvazione. Questo rigido sistema nasce per tutelare la riservatezza dei lavoratori e per evitarne la violazione della privacy. Non rispettare le procedure previste dal Codice in materia di protezione dei dati personali, installare i sistemi con fini non leciti e trattare i dati dei propri dipendenti in modo da violarne l’integrità e la privacy è rischioso e le sanzioni previste possono essere particolarmente salate. Ad essere lesa da un eventuale caso di violazione della privacy sarebbe inoltre anche la reputazione aziendale.
Altra soluzione cui si tende a pensare è mettere telecamere nascoste (telecamere spia) per sorprendere eventuali comportamenti scorretti di clienti, dipendenti o altri. Se è vero che è possibile installare le videocamere in un negozio con lo scopo di tutelarne i beni e il personale, per evitare furti, rapine e ogni genere di attacco, tuttavia non è possibile farlo di nascosto, come molti vorrebbero. La telecamera “a sorpresa” infatti non è consentita, così come non lo è quella finta. La sentenza numero 17440 chiarisce che l’immagine di un individuo dev’essere considerata un dato personale. Per poter installare una videocamera di sorveglianza, come sottolinea il Garante Privacy, è necessario avvisare i soggetti inquadrati, ad esempio affiggendo la segnaletica dedicata, così che tutti coloro di cui vengono raccolte le immagini ne siano informati e coscienti. La sentenza è giunta dopo il ricorso presentato proprio dall’Autorità Privacy in seguito all’annullamento di una sanzione a carico del titolare di una torrefazione. In questo caso, il titolare aveva installato una telecamera collegata ad un monitor con lo scopo di controllare chi entrava nel proprio negozio al piano terra anche mentre si trovava al piano di sopra. La videocamera però non era segnalata e proprio in questo sta l’errore commesso dal negoziante. Anche se la telecamera non registra le immagini oppure se la qualità delle immagini raccolte non consente il riconoscimento immediato dei volti non importa: parliamo comunque del trattamento di un dato personale. Nello specifico caso, la Corte sottolinea che laddove sia impossibile informare oralmente ogni persona che entra nel raggio inquadrato dalla telecamera, è sufficiente utilizzare un cartello, ossia l’informativa “minima” prevista. Tale cartello però non può essere nascosto o di difficile lettura: formato e posizione devono essere visibili e il contenuto di immediata comprensione, ecco perché un simbolo risulta efficace (e non necessita di traduzioni!). Nell’informare il cliente ripreso è inoltre necessario esplicitare se si tratta di una registrazione delle immagini raccolte o se vengono solamente visionate.
Newsletter del 19.06.2018 - Telecamere di sicurezza